Il ruolo dei social e delle immagini nella storia delle donne afghane: la linea sottile tra emancipazione e diritti negati

In questi giorni in seguito alla presa di Kabul da parte dei talebani stiamo assistendo ad un irrompere sui social di immagini che ci mostrano cosa sta accadendo e cosa rischiano civili, giornalisti e soprattutto le donne.

La difficile condizione delle donne afghane è già stata immortalata da celebri fotografie che sono diventate parte dell’immaginario comune avvicinandoci ad una situazione prima poco nota.

Prima tra tutte, Afghan girl (Ragazza afghana) di Steve McCurry, scattata nel 1984 nel campo profughi di Peshawar, in occasione di una campagna del fotografo statunitense per National Geographic.

Gli occhi verdi della ragazza, poco più che bambina, che richiamano lo sfondo, contrastano col vestito e “bucano” l’obiettivo, sono diventati un simbolo e una sorta di ossessione per il fotografo che, 17 anni più tardi, decide di tornare a cercarla per vedere se è ancora viva.

Dopo mesi di ricerche la trova e realizza un altro scatto, simbolicamente intitolato Found (Ritrovata), sconcertante se paragonato al primo: il burqa e gli occhi spenti parlano di quel primo periodo talebano che nel 2002, all’epoca dello scatto, aveva lasciato segni indelebili sul corpo di queste donne.

Afghan girl, 1985. Photo: Steve McCurry
Found, 2002. Photo: Steve McCurry

L’anno successivo le donne afghane sono tra le protagoniste della campagna mondiale di comunicazione 2003 del marchio United Colors of Benetton e World Food Programme, l’agenzia delle Nazioni Unite in prima linea per la lotta contro la fame nel mondo.

Le fotografie scattate dal giovane fotografo di Fabrica James Mollison testimoniano la stretta relazione tra i problemi della malnutrizione e i vari aspetti sociali dell’esistenza.

Gli aiuti in cibo diventano così “Food for work”, contribuendo, senza creare dipendenza, a offrire nuove possibilità per ricostruire la coscienza di sé nelle vite di coloro che li ricevono.

Food for Life, 2003. Photo: James Mollison

Negli ultimi vent’anni sono state molto le Onlus e Ong che si sono fatte carico della formazione ed emancipazione delle donne afghane, che hanno iniziato ad utilizzare i social per raccontare le loro lotte nella conquista dei diritti.

Oggi non ci sono “foto d’autore” a raccontarci quello che sta succedendo ma abbiamo in mente il volto della ragazza afghana che, tra le lacrime, afferma “Moriremo lentamente nella storia”, in un video diventato virale nei social.

In questi giorni le donne afghane stanno cancellando ogni traccia della loro educazione, della loro emancipazione, bruciando i propri diplomi, vestiti ed eliminando i propri account social per non essere trovate e cancellate dalla storia.

Molte onlus stanno distruggendo i dati sensibili della donne aiutate per proteggerle.
Lo racconta ad esempio Pangea, caso positivo di utilizzo dei social e capacità di fare rete per aiutare le donne nella loro lotta per i propri diritti.

Nel mondo odierno, dove le informazioni, le immagini e la pubblicità hanno il loro canale preferenziale nei social, ne comprendiamo il forte potenziale comunicativo, che in questo caso si sta trasformando da strumento di emancipazione a mezzo di persecuzione.

I social restano media in potenza utili e importanti per informarsi, per condividere e sensibilizzare a fare altrettanto, affinché le vite di queste persone non siano cancellate come i loro account.

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Sostenibilità ed eco packaging

Nella società attuale il tema dell’eco-sostenibilità riveste un ruolo estremamente importante, anche da un punto di vista mediatico.

Per ragioni etiche, ma anche di immagine e fatturato, le aziende di ogni dimensione sono sempre più chiamate a riflettere sulle proprie azioni e rivalutare l’impatto ambientale del proprio business.

Sicuramente tra gli ambiti che più incidono sul tema dell’eco-sostenibilità emerge quello del packaging, poiché gli imballaggi costituiscono la fonte principale dei rifiuti generati dall’uomo.

Nel mondo sono sempre più frequenti le politiche volte a limitare la produzione di packaging impattanti sull’ambiente, a cominciare da norme per la progressiva eliminazione della plastica, che influenzano le aziende rispetto alla scelta degli imballaggi da utilizzare.

I brand sono dunque alla ricerca di soluzioni in linea con i principi della sostenibilità ma le ragioni che rendono l’eco packaging una tendenza sono molteplici.

Innanzitutto bisogna tenere conto dei principi etici sposati da una marca. E’ importante poi sottolineare l’utilità che può rivestire nel rafforzare l’identità di brand e nel consolidare o sviluppare un’immagine green di marca.

E’ poi fondamentale ricordare che spesso i primi soggetti a interessarsi della sostenibilità ambientale sono le persone a cui rivolgiamo i nostri prodotti e la nostra comunicazione. Quindi utilizzando degli eco packaging si fa un passo avanti verso i propri clienti che, spesso, sono anche disposti a spendere cifre superiori per prodotti sostenibili.

Ma esistono dei parametri che consentono di definire se un packaging è eco-sostenibile? La risposta è… no. Esistono però diverse soluzioni che a lungo andare dovrebbero garantire una diminuzione dell’impatto di un packaging.

Spesso si ricerca un design che sfrutti la compatibilità tra materiali tradizionali e facilmente smaltibili, come il legno o il cartone, e nuovi materiali frutto della ricerca e dell’innovazione tecnologica, come le bioplastiche di origine vegetale.

Delle aziende mantengono invece inalterati i materiali impiegati ma investono in un processo di alleggerimento delle confezioni che consente un minor uso di materie prime e quindi il carbon footprint della catena di produzione.

Molti brand investono invece in progettualità, realizzando packaging riutilizzabili, anche se composti da materiali non completamente eco-sostenibili. Il vantaggio di questa soluzione è che consente di allungare il ciclo di vita delle confezioni che spesso diventano dei veri e propri oggetti multiuso.

E’ bene ricordare però che azioni di sostenibilità efficaci devono necessariamente coinvolgere una larga rete di soggetti coinvolti nel business aziendale, a partire dai fornitori e da chi si occupa della logistica.

L’unica certezza è che l’agire di un brand deve essere sempre orientato alle persone che oggi possono smascherare facilmente azioni di sostenibilità che in realtà spesso hanno solo scopi di facciata. Per questo i brand devono sempre ricercare una forte coerenza nel loro agire, e quindi muoversi con convinzione e coordinazione nella ricerca della salvaguardia dell’ambiente.

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Campari: red passion

Con l’ultimo articolo pubblicato abbiamo approfondito le questioni legate alla controversa settimana di Coca-Cola, ideatrice di una strategia di product placement, che si è concretizzata con l’evidente presenza del brand e del suo prodotto all’interno del video e del testo della canzone Mille.

Dopo aver analizzato ed enfatizzato l’uso che è stato fatto del colore rosso all’interno della comunicazione del brand, abbiamo deciso di approfondire un caso studio considerato iconico e prestigioso per quanto riguarda il ruolo del colore, anche in questo caso rosso, nello sviluppo dell’identità e comunicazione aziendale: Campari.

La storia di Campari, tra le più famose aziende al mondo nel settore del beverage, inizia nel 1860 quando Gaspare Campari inventa la celebre bevanda dal gusto amaro e distintivo.

Il colore caratteristico dell’offerta aziendale è diventato una vera e propria icona del brand grazie alla creazione, sempre più articolata, di un’immagine coordinata forte. Il legame azienda-colore si è progressivamente consolidato grazie al contributo di grandi maestri e creativi del mondo dell’arte e della comunicazione.

Uno dei primi manifesti Campari in cui compare il colore rosso, Uomini al tavolino di un caffè, risale al 1901 ed è stato realizzato dal pittore e cartellonista Adolf Hohenstein. Il suo uso del colore, inserito nella rappresentazione di un momento conviviale, trasmette uno spirito di amicizia e condivisione, valori che diventano subito caratterizzanti del prodotto.

Negli stessi anni, Marcello Dudovich firma un celebre manifesto nel quale il colore si veste di nuovi significati, rappresentando l’amore, il desiderio e la passione dei due innamorati ritratti nel manifesto stesso. Questo quindi anticipa chiaramente la creazione del leitmotiv comunicativo “red passion”, che sarà costante nell’immaginario del brand da all’ora fino a oggi.

Estremamente importante sarà poi il contributo di Leonetto Cappiello, che nel 1921 realizza un manifesto in cui è presente un rosso estremamente frizzante e vivo, che emerge e diventa protagonista grazie al contrasto col nero dello sfondo. Queste caratteristiche diventano così identitarie del prodotto e vengono veicolate ulteriormente da un “folletto” che corrisponde a un primo antesignano della figura del testimonial.

Leonetto Cappiello, Manifesto Campari, 1921.
Fonte: Collezione Salce

Questa connotazione del colore viene infatti veicolata nuovamente già dai manifesti realizzati negli anni ‘20 dall’artista futurista Fortunato Depero, il quale nel 1932 progetta anche la bottiglietta del Campari Soda. Questa è diventata un simbolo di design accessibile quotidianamente e caratterizzato da una trasparenza che esalta immediatamente l’iconico colore rosso, che si afferma definitivamente come principale elemento comunicante del prodotto.

Fortunato Depero, Manifesto Campari, 1927.
Fonte: Collezione Salce

Nel corso degli anni numerosi professionisti hanno continuato a veicolare nella comunicazione di Campari con stili diversi il colore, attribuendo però a esso le medesime connotazioni ormai identitarie del brand.

A partire dagli anni ‘80, Campari inizia a coinvolgere numerosi registi nella realizzazione di spot televisivi. Questa stagione inizia con lo spot realizzato nel 1984 da Federico Fellini ed è interessare sottolineare come anche in questi casi emerge la commistione tra il rosso protagonista e rappresentante del brand e gli stili unici e caratteristici dei diversi registi coinvolti.

Anche grazie a questi contributi, negli anni a venire il rosso Campari inizia a esprimere una nuova idea di passione, sempre più legata al concetto di trasgressione e, soprattutto, di erotismo.

Verso la fine del Novecento, infatti, la sensualità del rosso, unita alla bravura e alla fama di fotografi e modelle internazionali, sviluppa una nuova tradizione per il brand:
il Calendario Campari, come forma promozionale coerente alle promesse di un rosso sempre più erotico.

Questa tradizione comunicativa continua ancora oggi e ha permesso di affermare nel tempo con continuità e coerenza un’identità di brand e di prodotto chiara, riconoscibile e assolutamente distintiva, affermando Campari come un caso studio di primo livello riguardo a questo tema.

Una storia di emozioni e valori, rigorosamente firmati “rosso Campari”.

 

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La controversa settimana di Coca Cola

Questa settimana il marchio internazionale dell’iconica bevanda è sulla bocca di tutti!

Dal “labbra rosse Coca Cola” citato nella nuova hit estiva firmata Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti, allo scandalo scatenato da Cristiano Ronaldo che durante la conferenza stampa degli Europei di calcio ha dichiarato pubblicamente “non bevete Coca Cola”, lì posizionata in quanto sponsor dell’evento, causando il crollo in borsa per l’azienda che ha perso 4 miliardi di dollari!

Coca Cola quindi, che aveva puntato alla massima visibilità con la Uefa e il tormentone estivo italiano, si è vista prendere in contropiede dall’iniziativa del calciatore che ha distrutto pubblicamente il marchio di cui anni prima era stato, tra l’altro, testimonial.

Ma analizziamo meglio la strategia messa in campo dal brand nella canzone Mille!

Si tratta di un esempio di product placement: il prodotto è stato “piazzato” all’interno di un altro prodotto (il brano musicale).

La bevanda viene citata nel testo della canzone e nel video viene mostrato in anteprima il nuovo design della bottiglietta di Coca Cola Zero, con il logotipo nero anziché bianco, che sarà sul mercato da luglio. Questa operazione, già di per sé eloquente, è stata poi rilanciata da Fedez nei suoi social “in partnership con” Coca Cola.

Non ci è dato sapere se l’iniziativa sia partita da Fedez o da Coca Cola ma di sicuro è stata accuratamente pensata ed è a vantaggio di entrambi.

Fedez è il personaggio sicuramente più influente per incarnare lo stile giovanile e colorato della Coca Cola così come Orietta Berti, che nell’ultimo anno ha saputo reinventarsi e tornare sulle scene pur restando fedele a se stessa, rappresenta alla perfezione la storicità di un brand che è ancora attuale.

Nel video il prodotto viene mostrato e citato, non si tratta quindi di messaggi subliminali (anche se i colori del brand compaiono ripetutamente in altre scene e dettagli del clip) ma in maniera così elegante da sembrare impercettibile: la bevanda che meglio si associa al tempo estivo (oltre a quello natalizio…ma questa è un’altra storia!) ci trasporta in questa ambientazione, in una frivola estate anni ’60 a base di twist e Coca Cola. Ci trasmette un senso di freschezza e di ritrovata leggerezza, dopo la pandemia così come negli anni del boom seguiti alle privazioni della guerra.

dal Video ufficiale di Fedez, Achille Lauro, Orietta Berti – MILLE

Un colore, un simbolo: Labbra rosse Coca Cola

Mai versetto è stato più azzeccato!

Non è la prima (e non sarà l’ultima) volta che la bevanda viene citata in una canzone ma sicuramente è molto d’effetto in quanto viene associata al colore che la contraddistingue, diventando interpretante del brand…e chissà come mai ogni volta che vedrete questo bel rosso, vi verrà voglia di una bibita rinfrescante…è un caso?! Assolutamente no!

Abbiamo già parlato in passato dei colori nel marketing ed è cosa ormai nota come il rosso (spesso associato al marrone, sia in questo caso come in altri noti fast food) sia un colore eccitante, che porta al consumo immediato e, in questo caso, velato di sensualità con il rimando al colore delle labbra col rossetto per eccellenza.

Insomma, non servirà a rimediare il danno apportato da Ronaldo, ma dal momento che il video uscito lunedì 14 è già al primo posto tra le tendenze per la Musica su YouTube Italia, non può che essere di buon auspicio per la multinazionale, ora

consacrata anche nella storia della musica!

Non sarebbe da stupirsi se quest’estate vedessimo un aumento delle vendite di rossetto rosso (calate in seguito all’introduzione delle mascherine nell’ultimo anno e mezzo) e spopolare la nuova Coca Cola Zero tra le protagoniste di meme, video Reel e Tik Tok che cavalcheranno l’onda del tormentone del momento…non trovate?

dal Video ufficiale di Fedez, Achille Lauro, Orietta Berti – MILLE

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Fare rete e valorizzare le risorse del territorio come strategie per la ripartenza: #Venetodoc tra marketing territoriale, e-commerce e community social

#Venetodoc è un progetto nato dall’imprenditrice del settore calzaturiero Luana Vendramini con la consulenza di Studio Bluart. Si tratta di un progetto che nasce in piena crisi economica, generata a sua volta dalla crisi sanitaria facendo rete con le aziende locali e valorizzando le risorse (in termini di conoscenze, materiali e professionisti) del nostro territorio. L’obiettivo è favorire la ripresa economica, con un’attenzione a chi ha sofferto di più di questa situazione, dal momento che una parte dei proventi è stata destinata alla Regione e ad associazioni locali a sostegno di persone e realtà duramente colpite da questa crisi.

#Venetodoc è prima di tutto una community, costruita attorno ai valori e all’amore per il proprio territorio, le proprie tradizioni, i propri simboli e i luoghi più emblematici del Veneto. Ciò che ci unisce, ci fa sentire veri #Venetodoc e ci permette di dimostrarlo tramite l’acquisto di alcuni prodotti che, attraverso la filiera corta, permettono il rilancio economico di diverse realtà produttive.

A queste si uniscono però anche le aziende partner, nell’ambito di altri settori, dalla ristorazione ai servizi, che non contribuiscono in termini di materie prime o personale specializzato ma si fanno portavoce di questa iniziativa. Attraverso questa rete, che viene costruita e raccontata principalmente attraverso i social, le aziende si fanno forza (e pubblicità) a vicenda, costruendo un circolo virtuoso a cui chiunque, con le proprie attività, capacità o acquisti, può scegliere di partecipare e supportare la ripresa, di tutti!

Tra le strategie vincenti, l’utilizzo del marketing territoriale e dell’influencer marketing.

Nel primo caso è stata portata avanti una comunicazione sia emozionale, traendo ispirazione del territorio regionale, dalle sue bellezze e tipicità, sia capace di dare la parola alle realtà locali, dal mondo dello sport a quello dell’arte, e alle aziende partecipanti per continuare a fare rete con il fine di un rilancio economico graduale e lungimirante da realizzare nel lungo periodo.

Il progetto ha raggiunto una buona visibilità grazie al coinvolgimento dell’influencer veneto Canal il Canal che grazie alla sua spontaneità, creatività e ai valori condivisi con #Venetodoc, è riuscito ad allargare e aggregare ulteriormente la community.

#Venetodoc nasce da una difficoltà condivisa e dimostra tutta la flessibilità e la capacità dei veneti di reinventarsi, rimboccarsi le maniche e rialzarsi, sfruttando al meglio i trend del momento. Il sito infatti nasce già come e-commerce e tutta la vendita viene gestita online, cogliendo il cambiamento in atto che ha visto nell’ultimo anno l’aumento degli e-commerce del 24% e un incremento del 6% di nuovi utenti sui social, dove passiamo mediamente 2 ore al giorno, su 6 in cui siamo connessi ad internet, secondo un recente studio di We Are Social.

Il successo dell’iniziativa ha portato l’imprenditrice ad ideare una nuova collezione di sneakers che uscirà nel corso dell’estate, mentre il prossimo obiettivo è quello di introdurre tra i prodotti in vendita altre tipicità di imprese del territorio.

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Possono i colori influenzare il nostro modo di rapportarci ad un determinato prodotto?

latta veneziana loison studiobluart castelfranco veneto

Con l’inizio degli studi sul packaging si è scoperto come questo influenzi i risultati del prodotto. Non perché lo migliori ma bensì perché provoca nella mente delle persone un parere talmente forte da influenzarle.

La scoperta viene da un campione di detersivo per il bucato che dovrebbe proteggere i colori dei capi in lavatrice. Lo stesso prodotto è stato inserito in tre scatole diverse, una rosa pallido, una rosa acceso ed una rossa. Le donne che si sono offerte di testare il prodotto non erano a conoscenza che questo fosse lo stesso, e quando è stato chiesto a loro quale fosse il migliore dei tre è emerso che il detersivo dava risultati diversi. Il detersivo con il packaging più chiaro era inefficace e non puliva bene i capi, al contrario quello contenuto nella scatola rossa li bruciava. Ecco che il sapone contenuto nell’involucro rosa acceso era il migliore.

Come i colori influenzano il nostro modo di rapportarci ad un determinato prodotto? Per gli esperti della psicologia del marketing è innegabile l’importanza che rivestono i colori nell’ottenere una risposta efficace da parte degli utenti.

Il colore ha il potere di investire emotivamente gli utenti verso l’accettazione di un certo prodotto e quindi favorirne il consumo.
Infatti, sempre più brand sono particolarmente attenti all’utilizzo dei colori delle loro confezioni come tecniche di comunicazione persuasiva e per posizionarsi ad un livello superiore rispetto ai propri competitor.

Tutto questo non può naturalmente prescindere dalla qualità del prodotto contenuto all’interno.

Dietro questa considerazione non si può che ritrovare una forte componente psicologica da parte dei soggetti, che associano un determinato colore ad una specifica sensazione ed emozione.

Per attirare a sé potenziali clienti è quindi necessario uno studio ben mirato del colore che lo rappresenti. Non a caso sono milioni le aziende che investono nello studio del colore nel campo della comunicazione con l’obiettivo di incrementare le vendite e farsi spazio nel mercato.

In questa prospettiva la realizzazione di un packaging varia in base al messaggio che si vuole comunicare per riuscire ad ottenere un prodotto vincente che faccia presa sul consumatore.

Ogni azienda e brand utilizza dei colori che li rappresenta e li rende riconoscibili nel mercato. Ci sono colori che, come abbiamo detto, rievocano differenti emozioni negli utenti ed è per questo che ad ogni categoria di brand corrispondono colori differenti.

I colori più caldi come l’arancione o il giallo solitamente trasmettano vitalità, positività ed allegria.

Il nero vuole trasmettere all’utente un senso di mistero, valore e perfezione – difatti molti famosi marchi di moda ricorrono a questo colore per rappresentarsi.

Il rosa invece, simbolo di leggerezza, molti prodotti per bambini ne sono invasi ed anche nel mondo dei matrimoni.

Il verde viene collegato alla natura e trasmette freschezza e senso di benessere e tranquillità; orti botanici e vivai lo utilizzano molto spesso per ovvi motivi.

Sensazioni simili le ritroviamo nel blu, colore che rappresenta affidabilità e sicurezza – adoperato in operazioni assicurative e previdenziali, nonché sui principali social network.

Anche negozi e ristoranti utilizzano strategie simili. Basti pensare che quasi la totalità dei negozi di abbigliamento utilizza tonalità fredde per le pareti.

Vi starete chiedendo quale strana teoria aleggi dietro questa scelta. Semplice, la risposta ce la regala la psicologia moderna.

Sembra confermato come i colori più freddi che trasmettono serenità e tranquillità permettono al cliente di godersi in tutta calma il viaggio nel mondo del consumo senza fretta o pressioni.

Il rosso invece predomina spesso nel packaging e negli arredi di molti ristoranti cinesi e fast food. Questo perché il colore rosso fa aumentare inconsciamente il nostro battito cardiaco (basti pensare che è il colore del sangue e dei segnali di attenzione) e dunque anche il nostro senso di appetito, che subisce un’accelerazione.

Non per niente un colore può determinare circa il 60% del rifiuto o dell’accettazione di un prodotto e/o servizio, questo perché i soggetti vengono emotivamente coinvolti dai colori che suscitano in loro sensazioni, più o meno positive.

Pertanto perdere qualche minuto in più nella scelta del colore e seguire i consigli degli esperti potrà esserti d’aiuto.

 

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Un packaging sostenibile, quando l’utile si unisce ad un trend

Ci si potrebbe sbizzarrire per descrivere quello che si trova in un normale carrello della spesa. Materiale di imballaggio che finisce poi rigorosamente nella pattumiera e, in molte situazioni, purtroppo in maniera non differenziata.

Eppure i consumatori stanno optando in maniera sempre più crescente verso brand che abbraccino pratiche commerciali sostenibili e trasparenti.
Il settore del packaging sta evolvendo proprio per rispondere a questo scenario, infatti, oggi  “imballaggio” significa molto più che proteggere e trasportare un prodotto.

Secondo Nielsen, i consumatori di tutto il mondo stanno privilegiando sempre di più gli acquisti da quei marchi che si impegnano per un cambiamento sociale ed ambientale positivo. Lo studio rileva che il 66% dei consumatori sono disposti a pagare di più per prodotti sostenibili, mentre il 51% dei Millennial controlla l’imballaggio per cercare i messaggi relativi alla sostenibilità del prodotto e del packaging. In breve, i consumatori stanno impiegando il loro potere d’acquisto per supportare brand che riflettono i loro valori e preferenze.

Ecco che per ridurre l’aumento indiscriminato di imballaggi nei nostri rifiuti quotidiani ci sono due strade: la prima riguarda lo studio e la progettazione di packaging sostenibili, che tengano conto sia della funzionalità sia degli impatti ambientali legati alla produzione, all’utilizzo e allo smaltimento del bene stesso; la seconda legata al recupero, riciclo e riutilizzo degli imballaggi, in modo da ridurne il volume e nel contempo minimizzare l’utilizzo di nuova materia prima.

Ad esempio, se decidessimo di acquistare un succo d’arancia già pronto avremmo l’imbarazzo della scelta: vari tipi di arance e combinazioni di succhi e nettari.
E la stessa cosa si può dire per il packaging: bottiglia in vetro o in plastica, lattina in alluminio o contenitore in cartoncino, etc. Anche questa scelta sotto alcuni punti di vista può essere sostenibile.

Spesso le industrie sono attente a limitare al massimo gli sprechi e le perdite di prodotto durante la lavorazione, ad acquistare le materie prime in prossimità degli stabilimenti, etc. Inoltre, i succhi e i nettari di arancia confezionati sono progettati e realizzati per essere conservati e sono acquistabili in formati che rispondono alle esigenze di consumo dei singoli o delle piccole comunità familiari. Sono quasi sempre richiudibili e ciò permette una preservazione del prodotto anche in stagioni dell’anno in cui non sarebbe disponibile e il loro trasporto in sicurezza in altri luoghi. 

In termini di sostenibilità, il packaging è determinante per evitare la perdita di un prodotto alimentare. Infatti, può allungarne la vita e di conseguenza ridurre la probabilità che non venga consumato. Inoltre, poiché è scientificamente dimostrato con studi di Life Cycle Assessment che per produrre un alimento si determina un alto impatto ambientale, potrebbe essere persino più sostenibile eccedere in packaging pur di evitare la perdita del prodotto.

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Il packaging e la sua storia

packaging Dolciaria Loison studiobluart castelfranco veneto

Il packaging nasce come strumento per contenere e proteggere le merci da spedire o trasportare. Le sue origini sono quindi da attribuire all’esigenza di movimentare i prodotti in modo sicuro conservandone l’integrità.

Nel corso della storia l’imballaggio è stato affiancato da altre tipologie di “contenitori”, ciò ha comportato la necessità di definire, per ciascun tipo, funzioni e scopi. Lo sviluppo di questi nuovi modelli deriva dalla  crescente necessità non solo di proteggere il prodotto, ma di persuadere i consumatori all’acquisto di un articolo piuttosto che un altro.

L’evoluzione del packaging è stata segnata in particolar modo da due importanti eventi:  l’avvento delle esposizioni universali ottocentesche, manifestazioni durante le quali diverse nazioni presentavano le proprie merci non più sfuse ma in confezioni che raccoglievano intere serie di prodotti realizzate a livello industriale che si differenziavano tra loro grazie ai packaging;  e  la nascita dei supermercati, punti vendita per la distribuzione di massa in cui era essenziale distinguere i vari articoli da quelli dei concorrenti grazie alla progettazione di confezioni ad hoc per garantire il successo di un marchio.

Attualmente però il packaging moderno è correntemente definito come “complesso delle modalità di imballaggio, confezionamento e presentazione degli articoli da offrire al pubblico, con lo scopo di convincere il consumatore finale a comprare il prodotto e/o di facilitarne il trasporto e l’utilizzazione.” (Treccani – Dizionario di Economia e Finanza, 2012).

E quindi oltre al dover svolgere al meglio e contemporaneamente 4 principali funzioni nel tempo e nello spazio: contenere il prodotto; proteggere il prodotto da possibili traumi o alterazioni provocate dall’ambiente esterno; conservare o preservare le caratteristiche ottimali del prodotto; presentare adeguatamente il prodotto, deve presentare sé stesso.

Le ultime novità nell’ambito del packaging sono gli sviluppi tecnologici che permettono di utilizzare packaging attivi che, interagendo positivamente con l’alimento, ne incrementano ulteriormente la personalità e l’unicità.

Inoltre il packaging si divide in tre categorie:

Il packaging primario è a tutti gli effetti uno strumento per la vendita che contiene il prodotto. Molto spesso è a diretto contatto con la merce, coincidendo col packaging immediato o contenendolo, tanto da rendere difficile la distinzione tra contenitore e contenuto. Come avviene ad esempio per il latte o le confezioni per biscotti.

L’imballaggio secondario, spesso definito multiplo, raccoglie più unità di vendita e può essere destinato all’acquisto diretto da parte del consumatore/rivenditore o a facilitare la movimentazione di molteplici pezzi di uno stesso articolo nei punti vendita. Basta pensare alle confezioni per snack o per bottiglie d’acqua.
Queste sono le confezioni più spesso in contatto coi consumatori, infatti sono quelle maggiormente curate.

Per packaging terziario si intende invece l’involucro destinato al trasporto della merce in maniera sicura, conservando l’integrità dei prodotti e facilitando la movimentazione di un elevato numero di articoli. Quale esempio migliore delle scatole dei corrieri o delle scatole americane utilizzate a livello industriale.

 

 

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Come trasmettere la politica aziendale tramite un packaging

philipmartins packaging tonico studiobluart castelfranco veneto

Ogni azienda ha una propria politica e filosofia, questa solitamente è una promessa al consumatore riguardo alle intenzioni ed ai servizi che i brand decidono di offrire al cliente.

I più comuni, ad esempio, per le marche di cosmetici è la garanzia di non testare i prodotti sugli animali e di utilizzare prodotti naturali e di qualità. Invece per una banca o un’agenzia assicurativa probabilmente la promessa riguarda una forte stabilità della quale puoi fidarti, etc etc.

Come trasmetterlo però ai consumatori tramite il packaging del prodotto?

 

SCRIVILO:  Scrivi sul prodotto che usi materiali di qualità, che non maltratti gli animali, che sei affidabile, i tuoi obbiettivi o tutto quello che sta dietro alla produzione. Se non puoi prenderli e dirglielo, scrivilo. (Purché sia vero e dimostrabile)

 

DIMOSTRALO: Poter inserire all’esterno del prodotto i marchi del “bio”, dei premi ricevuti per la qualità o il grande numero delle vendite è un po’ come esporre le proprie medaglie ed i propri meriti. Ecco che cercare di ottenere le certificazioni potrebbe tornare a vostro vantaggio.

 

ESPRIMILO:

– COI COLORI: Se l’azienda si considera un’amica della natura, utilizza i colori che la ricordano, come il verde o il marrone. Se vuoi promettere sicurezza punta sui blu, per la cordialità l’arancione etc etc.

– CON IL FONT: Anche scegliere il font giusto ha la sua importanza, abbiamo già scritto un post in proposito, puoi trovarlo qui https://bit.ly/2JNVaBP

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