Campari: red passion

Con l’ultimo articolo pubblicato abbiamo approfondito le questioni legate alla controversa settimana di Coca-Cola, ideatrice di una strategia di product placement, che si è concretizzata con l’evidente presenza del brand e del suo prodotto all’interno del video e del testo della canzone Mille.

Dopo aver analizzato ed enfatizzato l’uso che è stato fatto del colore rosso all’interno della comunicazione del brand, abbiamo deciso di approfondire un caso studio considerato iconico e prestigioso per quanto riguarda il ruolo del colore, anche in questo caso rosso, nello sviluppo dell’identità e comunicazione aziendale: Campari.

La storia di Campari, tra le più famose aziende al mondo nel settore del beverage, inizia nel 1860 quando Gaspare Campari inventa la celebre bevanda dal gusto amaro e distintivo.

Il colore caratteristico dell’offerta aziendale è diventato una vera e propria icona del brand grazie alla creazione, sempre più articolata, di un’immagine coordinata forte. Il legame azienda-colore si è progressivamente consolidato grazie al contributo di grandi maestri e creativi del mondo dell’arte e della comunicazione.

Uno dei primi manifesti Campari in cui compare il colore rosso, Uomini al tavolino di un caffè, risale al 1901 ed è stato realizzato dal pittore e cartellonista Adolf Hohenstein. Il suo uso del colore, inserito nella rappresentazione di un momento conviviale, trasmette uno spirito di amicizia e condivisione, valori che diventano subito caratterizzanti del prodotto.

Negli stessi anni, Marcello Dudovich firma un celebre manifesto nel quale il colore si veste di nuovi significati, rappresentando l’amore, il desiderio e la passione dei due innamorati ritratti nel manifesto stesso. Questo quindi anticipa chiaramente la creazione del leitmotiv comunicativo “red passion”, che sarà costante nell’immaginario del brand da all’ora fino a oggi.

Estremamente importante sarà poi il contributo di Leonetto Cappiello, che nel 1921 realizza un manifesto in cui è presente un rosso estremamente frizzante e vivo, che emerge e diventa protagonista grazie al contrasto col nero dello sfondo. Queste caratteristiche diventano così identitarie del prodotto e vengono veicolate ulteriormente da un “folletto” che corrisponde a un primo antesignano della figura del testimonial.

Leonetto Cappiello, Manifesto Campari, 1921.
Fonte: Collezione Salce

Questa connotazione del colore viene infatti veicolata nuovamente già dai manifesti realizzati negli anni ‘20 dall’artista futurista Fortunato Depero, il quale nel 1932 progetta anche la bottiglietta del Campari Soda. Questa è diventata un simbolo di design accessibile quotidianamente e caratterizzato da una trasparenza che esalta immediatamente l’iconico colore rosso, che si afferma definitivamente come principale elemento comunicante del prodotto.

Fortunato Depero, Manifesto Campari, 1927.
Fonte: Collezione Salce

Nel corso degli anni numerosi professionisti hanno continuato a veicolare nella comunicazione di Campari con stili diversi il colore, attribuendo però a esso le medesime connotazioni ormai identitarie del brand.

A partire dagli anni ‘80, Campari inizia a coinvolgere numerosi registi nella realizzazione di spot televisivi. Questa stagione inizia con lo spot realizzato nel 1984 da Federico Fellini ed è interessare sottolineare come anche in questi casi emerge la commistione tra il rosso protagonista e rappresentante del brand e gli stili unici e caratteristici dei diversi registi coinvolti.

Anche grazie a questi contributi, negli anni a venire il rosso Campari inizia a esprimere una nuova idea di passione, sempre più legata al concetto di trasgressione e, soprattutto, di erotismo.

Verso la fine del Novecento, infatti, la sensualità del rosso, unita alla bravura e alla fama di fotografi e modelle internazionali, sviluppa una nuova tradizione per il brand:
il Calendario Campari, come forma promozionale coerente alle promesse di un rosso sempre più erotico.

Questa tradizione comunicativa continua ancora oggi e ha permesso di affermare nel tempo con continuità e coerenza un’identità di brand e di prodotto chiara, riconoscibile e assolutamente distintiva, affermando Campari come un caso studio di primo livello riguardo a questo tema.

Una storia di emozioni e valori, rigorosamente firmati “rosso Campari”.

 

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Fare rete e valorizzare le risorse del territorio come strategie per la ripartenza: #Venetodoc tra marketing territoriale, e-commerce e community social

#Venetodoc è un progetto nato dall’imprenditrice del settore calzaturiero Luana Vendramini con la consulenza di Studio Bluart. Si tratta di un progetto che nasce in piena crisi economica, generata a sua volta dalla crisi sanitaria facendo rete con le aziende locali e valorizzando le risorse (in termini di conoscenze, materiali e professionisti) del nostro territorio. L’obiettivo è favorire la ripresa economica, con un’attenzione a chi ha sofferto di più di questa situazione, dal momento che una parte dei proventi è stata destinata alla Regione e ad associazioni locali a sostegno di persone e realtà duramente colpite da questa crisi.

#Venetodoc è prima di tutto una community, costruita attorno ai valori e all’amore per il proprio territorio, le proprie tradizioni, i propri simboli e i luoghi più emblematici del Veneto. Ciò che ci unisce, ci fa sentire veri #Venetodoc e ci permette di dimostrarlo tramite l’acquisto di alcuni prodotti che, attraverso la filiera corta, permettono il rilancio economico di diverse realtà produttive.

A queste si uniscono però anche le aziende partner, nell’ambito di altri settori, dalla ristorazione ai servizi, che non contribuiscono in termini di materie prime o personale specializzato ma si fanno portavoce di questa iniziativa. Attraverso questa rete, che viene costruita e raccontata principalmente attraverso i social, le aziende si fanno forza (e pubblicità) a vicenda, costruendo un circolo virtuoso a cui chiunque, con le proprie attività, capacità o acquisti, può scegliere di partecipare e supportare la ripresa, di tutti!

Tra le strategie vincenti, l’utilizzo del marketing territoriale e dell’influencer marketing.

Nel primo caso è stata portata avanti una comunicazione sia emozionale, traendo ispirazione del territorio regionale, dalle sue bellezze e tipicità, sia capace di dare la parola alle realtà locali, dal mondo dello sport a quello dell’arte, e alle aziende partecipanti per continuare a fare rete con il fine di un rilancio economico graduale e lungimirante da realizzare nel lungo periodo.

Il progetto ha raggiunto una buona visibilità grazie al coinvolgimento dell’influencer veneto Canal il Canal che grazie alla sua spontaneità, creatività e ai valori condivisi con #Venetodoc, è riuscito ad allargare e aggregare ulteriormente la community.

#Venetodoc nasce da una difficoltà condivisa e dimostra tutta la flessibilità e la capacità dei veneti di reinventarsi, rimboccarsi le maniche e rialzarsi, sfruttando al meglio i trend del momento. Il sito infatti nasce già come e-commerce e tutta la vendita viene gestita online, cogliendo il cambiamento in atto che ha visto nell’ultimo anno l’aumento degli e-commerce del 24% e un incremento del 6% di nuovi utenti sui social, dove passiamo mediamente 2 ore al giorno, su 6 in cui siamo connessi ad internet, secondo un recente studio di We Are Social.

Il successo dell’iniziativa ha portato l’imprenditrice ad ideare una nuova collezione di sneakers che uscirà nel corso dell’estate, mentre il prossimo obiettivo è quello di introdurre tra i prodotti in vendita altre tipicità di imprese del territorio.

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Il packaging e la sua storia

packaging Dolciaria Loison studiobluart castelfranco veneto

Il packaging nasce come strumento per contenere e proteggere le merci da spedire o trasportare. Le sue origini sono quindi da attribuire all’esigenza di movimentare i prodotti in modo sicuro conservandone l’integrità.

Nel corso della storia l’imballaggio è stato affiancato da altre tipologie di “contenitori”, ciò ha comportato la necessità di definire, per ciascun tipo, funzioni e scopi. Lo sviluppo di questi nuovi modelli deriva dalla  crescente necessità non solo di proteggere il prodotto, ma di persuadere i consumatori all’acquisto di un articolo piuttosto che un altro.

L’evoluzione del packaging è stata segnata in particolar modo da due importanti eventi:  l’avvento delle esposizioni universali ottocentesche, manifestazioni durante le quali diverse nazioni presentavano le proprie merci non più sfuse ma in confezioni che raccoglievano intere serie di prodotti realizzate a livello industriale che si differenziavano tra loro grazie ai packaging;  e  la nascita dei supermercati, punti vendita per la distribuzione di massa in cui era essenziale distinguere i vari articoli da quelli dei concorrenti grazie alla progettazione di confezioni ad hoc per garantire il successo di un marchio.

Attualmente però il packaging moderno è correntemente definito come “complesso delle modalità di imballaggio, confezionamento e presentazione degli articoli da offrire al pubblico, con lo scopo di convincere il consumatore finale a comprare il prodotto e/o di facilitarne il trasporto e l’utilizzazione.” (Treccani – Dizionario di Economia e Finanza, 2012).

E quindi oltre al dover svolgere al meglio e contemporaneamente 4 principali funzioni nel tempo e nello spazio: contenere il prodotto; proteggere il prodotto da possibili traumi o alterazioni provocate dall’ambiente esterno; conservare o preservare le caratteristiche ottimali del prodotto; presentare adeguatamente il prodotto, deve presentare sé stesso.

Le ultime novità nell’ambito del packaging sono gli sviluppi tecnologici che permettono di utilizzare packaging attivi che, interagendo positivamente con l’alimento, ne incrementano ulteriormente la personalità e l’unicità.

Inoltre il packaging si divide in tre categorie:

Il packaging primario è a tutti gli effetti uno strumento per la vendita che contiene il prodotto. Molto spesso è a diretto contatto con la merce, coincidendo col packaging immediato o contenendolo, tanto da rendere difficile la distinzione tra contenitore e contenuto. Come avviene ad esempio per il latte o le confezioni per biscotti.

L’imballaggio secondario, spesso definito multiplo, raccoglie più unità di vendita e può essere destinato all’acquisto diretto da parte del consumatore/rivenditore o a facilitare la movimentazione di molteplici pezzi di uno stesso articolo nei punti vendita. Basta pensare alle confezioni per snack o per bottiglie d’acqua.
Queste sono le confezioni più spesso in contatto coi consumatori, infatti sono quelle maggiormente curate.

Per packaging terziario si intende invece l’involucro destinato al trasporto della merce in maniera sicura, conservando l’integrità dei prodotti e facilitando la movimentazione di un elevato numero di articoli. Quale esempio migliore delle scatole dei corrieri o delle scatole americane utilizzate a livello industriale.

 

 

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