Sostenibilità ed eco packaging

Nella società attuale il tema dell’eco-sostenibilità riveste un ruolo estremamente importante, anche da un punto di vista mediatico.

Per ragioni etiche, ma anche di immagine e fatturato, le aziende di ogni dimensione sono sempre più chiamate a riflettere sulle proprie azioni e rivalutare l’impatto ambientale del proprio business.

Sicuramente tra gli ambiti che più incidono sul tema dell’eco-sostenibilità emerge quello del packaging, poiché gli imballaggi costituiscono la fonte principale dei rifiuti generati dall’uomo.

Nel mondo sono sempre più frequenti le politiche volte a limitare la produzione di packaging impattanti sull’ambiente, a cominciare da norme per la progressiva eliminazione della plastica, che influenzano le aziende rispetto alla scelta degli imballaggi da utilizzare.

I brand sono dunque alla ricerca di soluzioni in linea con i principi della sostenibilità ma le ragioni che rendono l’eco packaging una tendenza sono molteplici.

Innanzitutto bisogna tenere conto dei principi etici sposati da una marca. E’ importante poi sottolineare l’utilità che può rivestire nel rafforzare l’identità di brand e nel consolidare o sviluppare un’immagine green di marca.

E’ poi fondamentale ricordare che spesso i primi soggetti a interessarsi della sostenibilità ambientale sono le persone a cui rivolgiamo i nostri prodotti e la nostra comunicazione. Quindi utilizzando degli eco packaging si fa un passo avanti verso i propri clienti che, spesso, sono anche disposti a spendere cifre superiori per prodotti sostenibili.

Ma esistono dei parametri che consentono di definire se un packaging è eco-sostenibile? La risposta è… no. Esistono però diverse soluzioni che a lungo andare dovrebbero garantire una diminuzione dell’impatto di un packaging.

Spesso si ricerca un design che sfrutti la compatibilità tra materiali tradizionali e facilmente smaltibili, come il legno o il cartone, e nuovi materiali frutto della ricerca e dell’innovazione tecnologica, come le bioplastiche di origine vegetale.

Delle aziende mantengono invece inalterati i materiali impiegati ma investono in un processo di alleggerimento delle confezioni che consente un minor uso di materie prime e quindi il carbon footprint della catena di produzione.

Molti brand investono invece in progettualità, realizzando packaging riutilizzabili, anche se composti da materiali non completamente eco-sostenibili. Il vantaggio di questa soluzione è che consente di allungare il ciclo di vita delle confezioni che spesso diventano dei veri e propri oggetti multiuso.

E’ bene ricordare però che azioni di sostenibilità efficaci devono necessariamente coinvolgere una larga rete di soggetti coinvolti nel business aziendale, a partire dai fornitori e da chi si occupa della logistica.

L’unica certezza è che l’agire di un brand deve essere sempre orientato alle persone che oggi possono smascherare facilmente azioni di sostenibilità che in realtà spesso hanno solo scopi di facciata. Per questo i brand devono sempre ricercare una forte coerenza nel loro agire, e quindi muoversi con convinzione e coordinazione nella ricerca della salvaguardia dell’ambiente.

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Campari: red passion

Con l’ultimo articolo pubblicato abbiamo approfondito le questioni legate alla controversa settimana di Coca-Cola, ideatrice di una strategia di product placement, che si è concretizzata con l’evidente presenza del brand e del suo prodotto all’interno del video e del testo della canzone Mille.

Dopo aver analizzato ed enfatizzato l’uso che è stato fatto del colore rosso all’interno della comunicazione del brand, abbiamo deciso di approfondire un caso studio considerato iconico e prestigioso per quanto riguarda il ruolo del colore, anche in questo caso rosso, nello sviluppo dell’identità e comunicazione aziendale: Campari.

La storia di Campari, tra le più famose aziende al mondo nel settore del beverage, inizia nel 1860 quando Gaspare Campari inventa la celebre bevanda dal gusto amaro e distintivo.

Il colore caratteristico dell’offerta aziendale è diventato una vera e propria icona del brand grazie alla creazione, sempre più articolata, di un’immagine coordinata forte. Il legame azienda-colore si è progressivamente consolidato grazie al contributo di grandi maestri e creativi del mondo dell’arte e della comunicazione.

Uno dei primi manifesti Campari in cui compare il colore rosso, Uomini al tavolino di un caffè, risale al 1901 ed è stato realizzato dal pittore e cartellonista Adolf Hohenstein. Il suo uso del colore, inserito nella rappresentazione di un momento conviviale, trasmette uno spirito di amicizia e condivisione, valori che diventano subito caratterizzanti del prodotto.

Negli stessi anni, Marcello Dudovich firma un celebre manifesto nel quale il colore si veste di nuovi significati, rappresentando l’amore, il desiderio e la passione dei due innamorati ritratti nel manifesto stesso. Questo quindi anticipa chiaramente la creazione del leitmotiv comunicativo “red passion”, che sarà costante nell’immaginario del brand da all’ora fino a oggi.

Estremamente importante sarà poi il contributo di Leonetto Cappiello, che nel 1921 realizza un manifesto in cui è presente un rosso estremamente frizzante e vivo, che emerge e diventa protagonista grazie al contrasto col nero dello sfondo. Queste caratteristiche diventano così identitarie del prodotto e vengono veicolate ulteriormente da un “folletto” che corrisponde a un primo antesignano della figura del testimonial.

Leonetto Cappiello, Manifesto Campari, 1921.
Fonte: Collezione Salce

Questa connotazione del colore viene infatti veicolata nuovamente già dai manifesti realizzati negli anni ‘20 dall’artista futurista Fortunato Depero, il quale nel 1932 progetta anche la bottiglietta del Campari Soda. Questa è diventata un simbolo di design accessibile quotidianamente e caratterizzato da una trasparenza che esalta immediatamente l’iconico colore rosso, che si afferma definitivamente come principale elemento comunicante del prodotto.

Fortunato Depero, Manifesto Campari, 1927.
Fonte: Collezione Salce

Nel corso degli anni numerosi professionisti hanno continuato a veicolare nella comunicazione di Campari con stili diversi il colore, attribuendo però a esso le medesime connotazioni ormai identitarie del brand.

A partire dagli anni ‘80, Campari inizia a coinvolgere numerosi registi nella realizzazione di spot televisivi. Questa stagione inizia con lo spot realizzato nel 1984 da Federico Fellini ed è interessare sottolineare come anche in questi casi emerge la commistione tra il rosso protagonista e rappresentante del brand e gli stili unici e caratteristici dei diversi registi coinvolti.

Anche grazie a questi contributi, negli anni a venire il rosso Campari inizia a esprimere una nuova idea di passione, sempre più legata al concetto di trasgressione e, soprattutto, di erotismo.

Verso la fine del Novecento, infatti, la sensualità del rosso, unita alla bravura e alla fama di fotografi e modelle internazionali, sviluppa una nuova tradizione per il brand:
il Calendario Campari, come forma promozionale coerente alle promesse di un rosso sempre più erotico.

Questa tradizione comunicativa continua ancora oggi e ha permesso di affermare nel tempo con continuità e coerenza un’identità di brand e di prodotto chiara, riconoscibile e assolutamente distintiva, affermando Campari come un caso studio di primo livello riguardo a questo tema.

Una storia di emozioni e valori, rigorosamente firmati “rosso Campari”.

 

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La controversa settimana di Coca Cola

Questa settimana il marchio internazionale dell’iconica bevanda è sulla bocca di tutti!

Dal “labbra rosse Coca Cola” citato nella nuova hit estiva firmata Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti, allo scandalo scatenato da Cristiano Ronaldo che durante la conferenza stampa degli Europei di calcio ha dichiarato pubblicamente “non bevete Coca Cola”, lì posizionata in quanto sponsor dell’evento, causando il crollo in borsa per l’azienda che ha perso 4 miliardi di dollari!

Coca Cola quindi, che aveva puntato alla massima visibilità con la Uefa e il tormentone estivo italiano, si è vista prendere in contropiede dall’iniziativa del calciatore che ha distrutto pubblicamente il marchio di cui anni prima era stato, tra l’altro, testimonial.

Ma analizziamo meglio la strategia messa in campo dal brand nella canzone Mille!

Si tratta di un esempio di product placement: il prodotto è stato “piazzato” all’interno di un altro prodotto (il brano musicale).

La bevanda viene citata nel testo della canzone e nel video viene mostrato in anteprima il nuovo design della bottiglietta di Coca Cola Zero, con il logotipo nero anziché bianco, che sarà sul mercato da luglio. Questa operazione, già di per sé eloquente, è stata poi rilanciata da Fedez nei suoi social “in partnership con” Coca Cola.

Non ci è dato sapere se l’iniziativa sia partita da Fedez o da Coca Cola ma di sicuro è stata accuratamente pensata ed è a vantaggio di entrambi.

Fedez è il personaggio sicuramente più influente per incarnare lo stile giovanile e colorato della Coca Cola così come Orietta Berti, che nell’ultimo anno ha saputo reinventarsi e tornare sulle scene pur restando fedele a se stessa, rappresenta alla perfezione la storicità di un brand che è ancora attuale.

Nel video il prodotto viene mostrato e citato, non si tratta quindi di messaggi subliminali (anche se i colori del brand compaiono ripetutamente in altre scene e dettagli del clip) ma in maniera così elegante da sembrare impercettibile: la bevanda che meglio si associa al tempo estivo (oltre a quello natalizio…ma questa è un’altra storia!) ci trasporta in questa ambientazione, in una frivola estate anni ’60 a base di twist e Coca Cola. Ci trasmette un senso di freschezza e di ritrovata leggerezza, dopo la pandemia così come negli anni del boom seguiti alle privazioni della guerra.

dal Video ufficiale di Fedez, Achille Lauro, Orietta Berti – MILLE

Un colore, un simbolo: Labbra rosse Coca Cola

Mai versetto è stato più azzeccato!

Non è la prima (e non sarà l’ultima) volta che la bevanda viene citata in una canzone ma sicuramente è molto d’effetto in quanto viene associata al colore che la contraddistingue, diventando interpretante del brand…e chissà come mai ogni volta che vedrete questo bel rosso, vi verrà voglia di una bibita rinfrescante…è un caso?! Assolutamente no!

Abbiamo già parlato in passato dei colori nel marketing ed è cosa ormai nota come il rosso (spesso associato al marrone, sia in questo caso come in altri noti fast food) sia un colore eccitante, che porta al consumo immediato e, in questo caso, velato di sensualità con il rimando al colore delle labbra col rossetto per eccellenza.

Insomma, non servirà a rimediare il danno apportato da Ronaldo, ma dal momento che il video uscito lunedì 14 è già al primo posto tra le tendenze per la Musica su YouTube Italia, non può che essere di buon auspicio per la multinazionale, ora

consacrata anche nella storia della musica!

Non sarebbe da stupirsi se quest’estate vedessimo un aumento delle vendite di rossetto rosso (calate in seguito all’introduzione delle mascherine nell’ultimo anno e mezzo) e spopolare la nuova Coca Cola Zero tra le protagoniste di meme, video Reel e Tik Tok che cavalcheranno l’onda del tormentone del momento…non trovate?

dal Video ufficiale di Fedez, Achille Lauro, Orietta Berti – MILLE

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Fare rete e valorizzare le risorse del territorio come strategie per la ripartenza: #Venetodoc tra marketing territoriale, e-commerce e community social

#Venetodoc è un progetto nato dall’imprenditrice del settore calzaturiero Luana Vendramini con la consulenza di Studio Bluart. Si tratta di un progetto che nasce in piena crisi economica, generata a sua volta dalla crisi sanitaria facendo rete con le aziende locali e valorizzando le risorse (in termini di conoscenze, materiali e professionisti) del nostro territorio. L’obiettivo è favorire la ripresa economica, con un’attenzione a chi ha sofferto di più di questa situazione, dal momento che una parte dei proventi è stata destinata alla Regione e ad associazioni locali a sostegno di persone e realtà duramente colpite da questa crisi.

#Venetodoc è prima di tutto una community, costruita attorno ai valori e all’amore per il proprio territorio, le proprie tradizioni, i propri simboli e i luoghi più emblematici del Veneto. Ciò che ci unisce, ci fa sentire veri #Venetodoc e ci permette di dimostrarlo tramite l’acquisto di alcuni prodotti che, attraverso la filiera corta, permettono il rilancio economico di diverse realtà produttive.

A queste si uniscono però anche le aziende partner, nell’ambito di altri settori, dalla ristorazione ai servizi, che non contribuiscono in termini di materie prime o personale specializzato ma si fanno portavoce di questa iniziativa. Attraverso questa rete, che viene costruita e raccontata principalmente attraverso i social, le aziende si fanno forza (e pubblicità) a vicenda, costruendo un circolo virtuoso a cui chiunque, con le proprie attività, capacità o acquisti, può scegliere di partecipare e supportare la ripresa, di tutti!

Tra le strategie vincenti, l’utilizzo del marketing territoriale e dell’influencer marketing.

Nel primo caso è stata portata avanti una comunicazione sia emozionale, traendo ispirazione del territorio regionale, dalle sue bellezze e tipicità, sia capace di dare la parola alle realtà locali, dal mondo dello sport a quello dell’arte, e alle aziende partecipanti per continuare a fare rete con il fine di un rilancio economico graduale e lungimirante da realizzare nel lungo periodo.

Il progetto ha raggiunto una buona visibilità grazie al coinvolgimento dell’influencer veneto Canal il Canal che grazie alla sua spontaneità, creatività e ai valori condivisi con #Venetodoc, è riuscito ad allargare e aggregare ulteriormente la community.

#Venetodoc nasce da una difficoltà condivisa e dimostra tutta la flessibilità e la capacità dei veneti di reinventarsi, rimboccarsi le maniche e rialzarsi, sfruttando al meglio i trend del momento. Il sito infatti nasce già come e-commerce e tutta la vendita viene gestita online, cogliendo il cambiamento in atto che ha visto nell’ultimo anno l’aumento degli e-commerce del 24% e un incremento del 6% di nuovi utenti sui social, dove passiamo mediamente 2 ore al giorno, su 6 in cui siamo connessi ad internet, secondo un recente studio di We Are Social.

Il successo dell’iniziativa ha portato l’imprenditrice ad ideare una nuova collezione di sneakers che uscirà nel corso dell’estate, mentre il prossimo obiettivo è quello di introdurre tra i prodotti in vendita altre tipicità di imprese del territorio.

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Un packaging sostenibile, quando l’utile si unisce ad un trend

Ci si potrebbe sbizzarrire per descrivere quello che si trova in un normale carrello della spesa. Materiale di imballaggio che finisce poi rigorosamente nella pattumiera e, in molte situazioni, purtroppo in maniera non differenziata.

Eppure i consumatori stanno optando in maniera sempre più crescente verso brand che abbraccino pratiche commerciali sostenibili e trasparenti.
Il settore del packaging sta evolvendo proprio per rispondere a questo scenario, infatti, oggi  “imballaggio” significa molto più che proteggere e trasportare un prodotto.

Secondo Nielsen, i consumatori di tutto il mondo stanno privilegiando sempre di più gli acquisti da quei marchi che si impegnano per un cambiamento sociale ed ambientale positivo. Lo studio rileva che il 66% dei consumatori sono disposti a pagare di più per prodotti sostenibili, mentre il 51% dei Millennial controlla l’imballaggio per cercare i messaggi relativi alla sostenibilità del prodotto e del packaging. In breve, i consumatori stanno impiegando il loro potere d’acquisto per supportare brand che riflettono i loro valori e preferenze.

Ecco che per ridurre l’aumento indiscriminato di imballaggi nei nostri rifiuti quotidiani ci sono due strade: la prima riguarda lo studio e la progettazione di packaging sostenibili, che tengano conto sia della funzionalità sia degli impatti ambientali legati alla produzione, all’utilizzo e allo smaltimento del bene stesso; la seconda legata al recupero, riciclo e riutilizzo degli imballaggi, in modo da ridurne il volume e nel contempo minimizzare l’utilizzo di nuova materia prima.

Ad esempio, se decidessimo di acquistare un succo d’arancia già pronto avremmo l’imbarazzo della scelta: vari tipi di arance e combinazioni di succhi e nettari.
E la stessa cosa si può dire per il packaging: bottiglia in vetro o in plastica, lattina in alluminio o contenitore in cartoncino, etc. Anche questa scelta sotto alcuni punti di vista può essere sostenibile.

Spesso le industrie sono attente a limitare al massimo gli sprechi e le perdite di prodotto durante la lavorazione, ad acquistare le materie prime in prossimità degli stabilimenti, etc. Inoltre, i succhi e i nettari di arancia confezionati sono progettati e realizzati per essere conservati e sono acquistabili in formati che rispondono alle esigenze di consumo dei singoli o delle piccole comunità familiari. Sono quasi sempre richiudibili e ciò permette una preservazione del prodotto anche in stagioni dell’anno in cui non sarebbe disponibile e il loro trasporto in sicurezza in altri luoghi. 

In termini di sostenibilità, il packaging è determinante per evitare la perdita di un prodotto alimentare. Infatti, può allungarne la vita e di conseguenza ridurre la probabilità che non venga consumato. Inoltre, poiché è scientificamente dimostrato con studi di Life Cycle Assessment che per produrre un alimento si determina un alto impatto ambientale, potrebbe essere persino più sostenibile eccedere in packaging pur di evitare la perdita del prodotto.

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Come trasmettere la politica aziendale tramite un packaging

philipmartins packaging tonico studiobluart castelfranco veneto

Ogni azienda ha una propria politica e filosofia, questa solitamente è una promessa al consumatore riguardo alle intenzioni ed ai servizi che i brand decidono di offrire al cliente.

I più comuni, ad esempio, per le marche di cosmetici è la garanzia di non testare i prodotti sugli animali e di utilizzare prodotti naturali e di qualità. Invece per una banca o un’agenzia assicurativa probabilmente la promessa riguarda una forte stabilità della quale puoi fidarti, etc etc.

Come trasmetterlo però ai consumatori tramite il packaging del prodotto?

 

SCRIVILO:  Scrivi sul prodotto che usi materiali di qualità, che non maltratti gli animali, che sei affidabile, i tuoi obbiettivi o tutto quello che sta dietro alla produzione. Se non puoi prenderli e dirglielo, scrivilo. (Purché sia vero e dimostrabile)

 

DIMOSTRALO: Poter inserire all’esterno del prodotto i marchi del “bio”, dei premi ricevuti per la qualità o il grande numero delle vendite è un po’ come esporre le proprie medaglie ed i propri meriti. Ecco che cercare di ottenere le certificazioni potrebbe tornare a vostro vantaggio.

 

ESPRIMILO:

– COI COLORI: Se l’azienda si considera un’amica della natura, utilizza i colori che la ricordano, come il verde o il marrone. Se vuoi promettere sicurezza punta sui blu, per la cordialità l’arancione etc etc.

– CON IL FONT: Anche scegliere il font giusto ha la sua importanza, abbiamo già scritto un post in proposito, puoi trovarlo qui https://bit.ly/2JNVaBP

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Parlare ad un pubblico tramite un font

comunicazione coi font

Quella di parlare in pubblico è un’arte che richiede tanto esercizio e dedizione dato che è fondamentale per far fronte anche alle esigenze professionali più semplici, dalla presentazione di un progetto ad una banale discussione tra colleghi. Ma come puoi comunicare nel mondo scritto? Come puoi fare per far capire che stai utilizzando un tono dolce e affabile oppure uno semplice ma incisivo?

Il font.

Questo articolo ti aiuterà a capire quale font è più adatto al tuo progetto per poter comunicare in modo pratico ed efficace.

La leggibilità:
I vari font hanno leggibilità differenti, quindi se il testo da leggere è lungo o impegnativo l’ideale è utilizzare un font che non sia calligrafico o decorativo. Deve esserci spazio tra una lettera e l’altra ed avere delle convenzionali e non “modificate” o ridisegnate. Un font molto leggibile è il Verdana, Avenir e Gill Sans, meno leggibile il Brush Script ed è impegnativo e pesante l’Impact

Il messaggio:
Un arial rounded, per quanto carino, non sarà mai adeguato per una banca, che deve trasmettere sicurezza e solidità, e qui l’aspetto “carino e simpatico” è completamente irrilevante. Un font più serio sarebbe l’ideale, esempi sono il Bodoni, Didot, Big Calson ed il futura. Al contrario, come titolo per un libro per bambini andrebbe benissimo, come il Chalkboard ed il Chalkduster.

Semplicità:
In una presentazione utilizzare dei font usati da tutti e più famosi perché molto spesso i font più amati e diffusi hanno raggiunto quel livello di diffusione proprio grazie alle loro incredibili qualità intrinseche. Chi non ha mai sentito parlare del Georgia, dell’Avenir e del Verdana?

Leggero, Grassetto o Corsivo?

Il grassetto è ottimo per evidenziare delle parole chiave o qualche frase importante o ance un titolo, il font in corsivo viene spesso utilizzato per le citazioni o per delle parole in una lingua differente. Il font “leggero” è poco visibile e per questo a volte lo si usa per le didascalie.

Ecco perché in qualcosa come la scelta di un font per un marchio, dalla quale dipende l’immagine della azienda, va gestita da dei professionisti che sanno come comunicare agli altri le esigenze e la politica aziendale.

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Il Packaging è essenziale per farsi notare.

L’immagine di una confezione è la prima cosa che attira l’attenzione di un possibile acquirente, infatti l’acquisto di un prodotto nasce nella mente ancora prima di entrare in un negozio dato che ognuno sa cosa stia cercando. Ecco perché sempre più brand sono particolarmente attenti all’utilizzo dei colori delle loro confezioni come tecniche di comunicazione per posizionarsi ad un livello superiore rispetto ai loro rivali.

Per scegliere un prodotto il consumatore impiega circa due secondi ed in questo brevissimo tempo si determina il successo o l’insuccesso di un brand.
La mossa vincente per le aziende è farsi notare e distinguere in quel lasso di tempo. In una società consumistica come quella attuale è importante offrire al consumatore quello che già è presente nel suo pensiero.

Ecco che la scelta del colore e del packaging fanno la differenza.

I colori rosso e arancio spesso vengono utilizzati nel food perché sembra aumentino il battito cardiaco, la salivazione e di conseguenza l’appetito; infondono energia, passione, forza e attirerebbero immediatamente l’attenzione di chi acquista. Il blu trasmetterebbe invece sensazioni di fiducia e tranquillità, mentre il giallo avrebbe la capacità di migliorare l’umore e sarebbe preferito dalle persone golose.

Creare invece una confezione sostenibile, riutilizzabile, funzionale, con forme e colori accattivanti è un elemento chiave per la comunicazione che quel prodotto intende trasmettere al consumatore.

Ad esempio, spendere di più per un prodotto confezionato nella latta è una mossa vincente, poiché il cliente molto probabilmente riutilizzerà la confezione e vedrà il vostro marchio tutti i giorni, affezionandosi.

Per questo il fattore emozionale non è da sottovalutare. Creare infatti tutta una serie di relazioni affettive ed evocative intorno ad un brand, in grado di suscitare ricordi e momenti piacevoli della propria vita, non è solo marketing poiché il cliente rimarrà piacevolmente legato all’acquisto di quella marca, presumibilmente per tutta la vita.

Un esempio di come un nuovo brand possa farsi notare entrando nel mondo della pasta, sono il packaging della pasta “Pietro Gala” e “Good Hair Day Pasta” che invogliano il consumatore a provare il prodotto per la simpatia che questo gli causa. Dato che non vi è italiano che non la cucini almeno 5 volte a settimana un elemento importante è il legame affettivo che questi possibili compratori hanno col prodotto.

Come può quindi farsi conoscere una nuova azienda?

Deve semplicemente farsi notare, e quale modo migliore se non usare un packaging accattivante?

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Aumentare fiducia e credibilità nel tuo brand

Aumentare fiducia e credibilità nel tuo brand è un elemento essenziale ed un processo – on line e sui social media – che si concretizza con il tempo e seguendo alcune precise dinamiche.

Molto più spesso di quanto si creda, dopo aver sviluppato un business plan, piattaforme online integrate, brand identity, piani e strategie social ed aver fatto debuttare un nuovo marchio, servizio o prodotto online, non riscontriamo tutti i risultati (o a volte, nessuno di essi) che ci saremmo aspettati.

Il pubblico non viene coinvolto, non converte, non acquista. Le community, invece di piazze affollate colme di idee da condividere e azioni da intraprendere, sembrano isole deserte. Quale può essere il problema?

Potrebbero esserci molti e diversi motivi per cui gli utenti sono riluttanti a interagire con noi, ma una delle difficoltà più comuni è quella di non riuscire a stabile la fiducia necessaria con le persone.

E quindi, di conseguenza, la domanda a cui dobbiamo rispondere è: “Perché il nostro pubblico non si fida di noi?”

Perché, prima di tutto, non risultiamo credibili.

Nella vita reale e nelle relazioni offline, la fiducia viene creata tramite passaparola, referenze di clienti e partner. Una persona parla con un’altra che ti conosce e che è soddisfatta dal marchio e la tua reputazione aumenta, così come il percepito dei prodotti e servizi. Spesso però, la fiducia guadagnata nella vita reale si scontra con lo specchio della realtà online e molto spesso queste due realtà parallele non sono coerenti tra loro.

La mancanza di credibilità online può verificarsi per diversi motivi ma è bene ricordare che costruire un rapporto di fiducia con il pubblico è un processo che non avviene da un giorno all’altro.

I consigli per aumentare credibilità e fiducia nella relazione online con il tuo pubblico sono i seguenti:

Stabilisci l’autorità
Prima di tutto, vietato fingere. Fingere ciò che non sei non ti porterà particolarmente lontano.  Ciò che comunichiamo online è molto diverso dal consegnare a qualcuno un biglietto da visita: sui social ad esempio è facile completare la mappa di chi sei, dove hai lavorato, quali referenze hai, chi sono i tuoi contatti etc.
I contenuti che pubblichi su tutte le piattaforme devono attestare le tue competenze e farlo in modo inequivocabile. Per questo, è necessario spingersi oltre una banale lista di “cose che sappiamo fare bene” o un breve paragrafo che dice ai lettori che siamo degli esperti nel nostro campo.

Le fonti devono sempre essere verificabili e accreditate, come contenuti del blog, riferimenti, testimonianze veritiere dei clienti, guest post, etc.

Non solo parole, fatti.

Tutto ciò che riguarda il nostro marchio online – il sito, il blog, i profili social – non devono solo “raccontare” ma devono necessariamente far seguire alle parole i fatti. Se dichiari di essere la miglior agenzia pubblicitaria di una specifica area geografica e di sapere come fornire risultati, allora il sito web e i tuoi account social devono dimostrarlo.

Prenditi tempo per non trascurare nulla (soprattutto i particolari, che anzi, possono diventare un tratto distintivo del brand) e cura ciò che dici di essere così bravo a realizzare.

Qualsiasi marchio, professionista o fornitore di servizi dovrebbe fare da sé ciò che afferma di poter fare per gli altri. Se non investi risorse nel curare i dettagli della tua presenza online, perché qualcuno dovrebbe credere che sei in grado di farlo per loro?

Coerenza, nella vita come nel business

È importante tenere bene a mente che non si può essere un tipo di persona (o azienda) nella vita reale e una versione migliorata sul web. Il tuo comportamento online rifletterà ciò che sei nella vita vera. Valori, etica, tono di voce, successi e fallimenti inclusi.

La fiducia del nostro pubblico passa necessariamente dalla percezione di quanto questo divario sia pressoché impercettibile

Sfrutta le connessioni virtuose

Impara da ciò che funziona, è bello o ispira. Crea connessioni con aziende e professionisti dai quali apprendi, con cui instauri rapporti costruttivi, che potenziano la tua attività e ti ispirano a diventare migliore. Diventa per loro fonte di reciproco miglioramento e ispirazione.

Proprio come tu hai bisogno di costruire un rapporto di fiducia con la tua community, così anche l’esempio che dai instaurerà un circolo virtuoso con chi ti segue e spingerà ulteriori utenti a fare lo stesso, nei confronti del marchio e anche nelle proprie cerchie.

Falli innamorare a prima vista

Ovvero: come un singolo tweet o un singolo post social può farti connettere intimamente con il tuo pubblico. A volte, davvero, non serve altro. Come nelle relazioni interpersonali, spesso anche per brand e utenti è una “questione di pelle”. Possiamo capitare per un caso più o meno fortuito nella home di un utente che si innamora del marchio grazie ad un tweet, un contenuto video, una campagna di social media marketing. Il rapporto di fiducia, in questo caso, parte subito e facilmente ma non devi dimenticare che, proprio come in una love story, deve avere solidi motivi per esser mantenuta.

Non lasciare niente al caso, lavora sodo sulla qualità dei contenuti così da diventare coinvolgente e- di conseguenza- fonte di condivisione. Aumentando le condivisioni, va da sé, aumentano le possibilità di finire nel news-feed di un potenziale nuovo cliente.

Le relazioni hanno bisogno di tempo (il tuo)

Costruire relazioni è un compito difficile ma estremamente gratificante. Spesso facciamo l’errore di non investire abbastanza tempo in questo processo di costruzione e impiegare invece la totalità delle energie in creatività, adv, strategia, insomma, in quella scienza inesatta che sono i social media.

Gli strumenti e le dinamiche social possono essere appresi da quasi tutti: è l’arte del coinvolgimento che ti differenzia dalle masse. Se hai difficoltà a costruire relazioni reali online, è probabile che non tu stia investendo abbastanza tempo per conoscere davvero il tuo pubblico. Cerca di connetterti veramente con gli altri: fai domande, commenta i loro post sul blog, rispondi alle richieste, raggiungi le persone con cui ti senti a tuo agio, ascoltale e costruisci relazioni vere.

Da lì, il passo verso la fiducia è breve.

Content curation

L’esperienza di marca e l’autorità del marchio passano, anche e soprattutto, da come un’azienda veicola i messaggi. Esistono moltissimi contenuti utili e ben fatti sul web, che riescono a rispondere a qualunque domanda. Ma è attraverso i contenuti originali (per es. i testi del tuo sito web, delle tue campagne online o anche- semplicemente, delle tue CTA) che le persone arrivano a conoscerti, capirti, seguirti. La cura dei contenuti si esprime nel tuo personale modo di comunicare, un luogo in cui puoi stabilire fiducia, leadership di pensiero, competenza e relazioni.

 

It’s not about you

No, non riguarda te. Per quanto si voglia pensare che un account Twitter, una pagina Facebook, una board di Pinterest o un sito aziendale parlino solo ed esclusivamente del marchio, non è così. La tua presenza online (e quella del tuo marchio) sono strumenti. Strumenti per stabilire autorità, costruire comunità e fiducia con gli utenti, non cartelloni pubblicitari. Sempre in questo scenario, le aziende che si parlano addosso risultando estremamente autoreferenziali riescono nell’arduo compito di farsi dimenticare immediatamente o di suscitare sentimenti di sfiducia.

Attraverso l’ascolto e la conversazione con il tuo pubblico, invece,  riuscirai davvero a comprenderlo e uno dei territori più adatti a questo scopo sono proprio i social media. Quanto meglio riesci a comprendere il tuo target, tanto più sarai in grado di aiutarlo. E più lo aiuti più si fiderà di te.

In conclusione, non si tratta solo di diventare un punto di riferimento per le persone, ma di usare tempo e risorse per costruire relazioni online con i clienti che si avvicinino quanto più possibile con l’idea che essi hanno dei rapporti reali e delle loro dinamiche.

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